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Dopo dieci anni in corsia mandato a casa: “Noi infermieri trattati come merce elettorale”

Dopo dieci anni in corsia mandato a casa: “Noi infermieri trattati come merce elettorale”
Il dramma degli infermieri molisani non stabilizzati che con il blocco delle assunzioni a causa del deficit sanitario e il ricorso alla ‘super graduatoria’ dopo anni di illegalità con i contratti in agenzia si ritrovano a dover cessare l’attività professionale. «Il mio contratto scade e non verrà rinnovata: mi ritrovo a 40 anni a dover tornare a casa di mamma e papà». E ancora: «Di concorsi non ne sono stati fatti, e ogni volta che i contratti erano in scadenza venivo invitato a iscrivermi all’agenzia se no non sarei stato assunto». Rabbia per "come siamo stati tratatti e per le ingiustizie che dobbiamo subire. A cominciare dai portantini promossi centralinisti".
Termoli. Dieci anni in camice da infermiere nell’ospedale San Timoteo di Termoli. Dieci anni da precario. Precarissimo: «Sono andato avanti a forza di rinnovi semestrali». L’assunzione? «Un’utopia, una promessa che arrivava puntuale, specialmente sotto campagna elettorale. Mai concretizzata però».
Adesso Luigi si ritrova con un’esperienza invidiabile sul campo e nessun futuro professionale. Il suo contratto scadrà a giorni e non verrà rinnovato. «Non è un sospetto, è una certezza – racconta con l’angoscia e la rabbia nella voce – perché facendo slittare la graduatoria, sulla quale sono iscritte ben 800 persone, vengo inevitabilmente tagliato fuori». Deve cedere il passo agli altri in elenco. E restituire il cartellino. Non capita solo a lui. E’ già successo a decine e decine di infermieri in tutto il Molise dove la sanità è ferma per il deficit e le imposizioni del Piano di rientro dal debito. Ad Agnone – è solo un esempio - una infermiera è stata costretta a smettere il lavoro in corsia dopo diciassette anni di servizio in ospedale. A Termoli sono più di venti gli infermieri colpiti dal provvedimento stabilito dalla dirigenza Asrem, specie dopo la brusca sterzata alla prassi delle assunzioni tramite agenzie interinali.

Un malcostume durato anni, interrotto di colpo sia per la vicenda giudiziaria che coinvolge proprio le agenzie ad interim, sotto la lente degli investigatori che stanno passando al setaccio gli ospedali, sia perché in questo momento di risparmi e cesoie diventa “vivamente sconsigliabile” continuare ad assumere pagando extra alle agenzie. E, visto che una graduatoria esiste, ecco che viene integrata e rispolverata in quattro e quattr’otto.
Risale al 29 marzo 2011 ed è una lista interminabile: ci sono i nomi di ottocento infermieri. «E’ ovvio che con un numero simile e con il discorso del turn over si resta a casa – commenta Luigi - perché al posto nostro vengono prese altre persone. Non c’è nulla da fare, tranne indignarsi per una situazione che in tanti anni non è stata risolta».

Il paradosso? Ritrovarsi a quarant’anni e anche più senza un lavoro, senza uno stipendio, e con l’unica prospettiva di “emigrare”. Un paio di infermieri bassomolisani, che nel frattempo hanno messo su famiglia e acceso un mutuo, si ritrovano senza lavoro e stanno meditando di trasferirsi a Udine, dove qualche possibilità concreta di lavoro in corsia esiste.
«Io che farò? Tornerò a vivere con mamma e papà, perché non credo proprio di potermi permettere più di essere autonomo. Nell’attesa di provare anche io a cercare qualcosa al nord».
In una graduatoria di 800 nomi, circa la metà sono infermieri in pianta stabile. «E comunque non si può mica aspettare che il giro torni all’inizio, no? Nel frattempo che facciamo? A questa età, poi…».

Quarantenni, quarantacinquenni e cinquantenni che si ritrovano di colpo a dover pagare in prima persona gli errori dell’allegra gestione passata. Quella durante la quale la stabilizzazione è stata una chimera accompagnata dal sistematico diktat, alla scadenza di qualsiasi contratto, di iscriversi alle agenzie interinali. «Sono dieci anni, ripeto, che faccio l’infermiere a Termoli – continua Luigi – e dopo l’iniziale graduatoria, quella dalla quale sono stato ‘pescato’, le agenzie erano l’unico modo per poter continuare a lavorare. In particolar modo l’ex Adecco, poi Worknet, ora G-group. Sa cosa è successo? Che scaduti i primi otto mesi, i miei responsabili in reparto mi hanno detto: ‘corri a iscriverti in agenzia, se no non lavori più’. E così è stato, in forza di rinnovi semestrali. La graduatoria è stata ignorata per anni, anche nel periodo del Piano di Rientro dal debito, quando non si potevano fare assunzioni ma ci si poteva permettere il lusso di pagare la percentuale alle agenzie».

Agenzie che permettono, grazie a domande di lavoro dettate dall’ “emergenza”, di scegliere nomi e cognomi senza andare troppo per il sottile, baipassando graduatorie e “liste d’attesa”. Luigi ricorda come a Termoli sia stato indetto un «solo avviso di concorso per infermieri, nel lontano 2003, ma lo scandalo di Black Hole bloccò tutto e il concorso non si fece mai. Risultato: «ogni sei mesi si trovava in agenzia aspettando la chiamata dell’ospedale. E in campagna elettorale, con puntualità svizzera, ecco arrivare le rassicurazioni: verrete stabilizzati, l’assunzione a tempo indeterminato è vicina».
Macchè.

Promesse vuote, promesse da politici candidati. «Ci hanno preso in giro, ci hanno considerato merce elettorale e ora eccoci qua, a dover riconsegnare il tesserino e sentirci come ‘death man walking’, l’uomo morto che cammina verso il patibolo».

La sedia elettrica, in questo caso, si chiama disoccupazione. E si intravede dietro un orizzonte carico di rabbia. «Rabbia per come ci trattano, per quella stabilizzazione che non è mai arrivata malgrado nel 2007 a livello nazionale sia stato intimato alle Amministrazioni pubbliche di provvedere in tal senso. In Puglia, Abruzzo e perfino nel Lazio disastrato dai conti in rosso le stabilizzazioni le hanno fatte. In Molise sono rimaste promesse sotto elezioni, l’unica cosa fatta in questo senso è la ricognizione per gli stabilizzandi. Che sono diventati, invece, licenziandi».

Usa giochi di parole Luigi, e riesce a sorridere ma giusto un attimo, prima che rimonti l’indignazione al ricordo di «tutte le ingiustizie che abbiamo visto e vediamo. Come quella degli ausiliari che non stanno in corsia».
E’ una spina nel fianco di tutti i reparti dell’ospedale San Timoteo. Gli ausiliari, quelli che una volta si chiamavano portantini e che si occupano degli spostamenti interni dei pazienti e della loro igiene personale, sono praticamente in via d’estinzione. Almeno fra i malati. «Promossi a centralinisti, a segretari particolari di tizio o caio, passati agli uffici grazie agli interventi e alle raccomandazioni dei politici, che li hanno spediti a destra e manca nel momento in cui hanno di fatto preso possesso dell’organizzazione ospedaliera». Gli infermieri hanno finito la pazienza: «Già, perché siamo noi a doverci sobbarcare anche le loro mansioni, e poiché siamo pochissimi non ce la facciamo». E Luigi, abbassando la testa, racconta che sì, purtroppo è vero, che possono passare anche sei o sette ore prima di poter cambiare i pannoloni agli allettati. «E se non fosse per l’aiuto degli allievi infermieri, ne passerebbero anche di più. Però – aggiunge, un guizzo di impudenza negli occhi – non è colpa nostra, questo proprio no. Noi ce la mettiamo tutti, ma i miracoli non possiamo farli. Casomai possiamo chiedergli». E li chiedono, infatti, ma alla Asrem hanno evidentemente consumato tutti i bonus di santi e madonne. (mv)

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