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ROMA: INFERMIERI 118 ACQUISTANO DI TASCA PROPRIA GLI STRUMENTI PER POTER LAVORARE

ROMA – Turni di 19 ore, mezzi spesso vecchi e fatiscenti, infermieri costretti ad acquistare di tasca propria garze e saturimetri, interventi affidati a volontari con poca esperienza. I sindacati degli addetti all’Ares 118 del Lazio attaccano la gestione dell’Azienda regionale emergenza sanitaria. E tornano a sottolineare i gravi problemi legati alla carenza di personale: secondo Usb sulle ambulanze di tutta la Regione mancherebbero 498 infermieri e 543 autisti. La Regione Lazio – che in questi giorni ha affidato la spinosa questione della riorganizzazione del 118 al sub commissario Giuseppe Spada – replica che «il tema degli organici riguarda tutto il sistema non solo l'emergenza gestita da Ares».

TURN OVER BLOCCATO - In questo senso, fanno sapere dalla Pisana, «è pleonastico dire che mancano infermieri sulle ambulanze: il personale medico è scarso in tutti i settori e noi non possiamo assumere perché sottoposti a commissariamento». Così il 118 è vittima dello stesso meccanismo di blocco del turn over che, in tutto il Lazio, rende possibili nuovi contratti solo attraverso speciali deroghe: «In tutta le regione sono 130 -140 l'anno – spiega un dirigente della Sanità – . Tanto per capirci: negli ultimi 7 anni sono andati in quiescenza 7500 dipendenti del sistema sanitario su 51 mila; di questi 7500 (visto il commissariamento) ne abbiamo potuti sostituire solo 580».

Il DEFIBRILLATORE: a volte sulle ambulanze manca quello di riserva;

LE CARENZE D’ORGANICO – Secondo Usb il deficit numerico costringe, molto spesso, il personale del 118 a doppi turni. E il sindacato insiste: nella metà dei casi sulle ambulanze invece che tre persone (autista, infermiere, barelliere) ce ne sarebbero soltanto due. «Ormai è una prassi – spiega Gianluigi, autista Ares 118 dal 2006 -. Ma questo spesso rallenta i soccorsi. Mi è capitato di dover trasportare un paziente dal quarto piano, ma visto che ero da solo con l’infermiere ho dovuto aspettare l’arrivo di un’altra macchina di supporto». Anche Giacomo, da dieci anni in Ares, conferma: «Lavorare con un equipaggio ridotto è diventata un’abitudine, ma questo rischia di danneggiare i pazienti, perché alcune procedure di soccorso sono più efficaci se effettuate in tre invece che in due».


POSTAZIONI AUMENTATE – Di conseguenza, «Roma è passata da 55 a 84 postazioni – dice Cristina Girardet di Usb -, ma si tratta di un aumento relativo soltanto alla sfera privata del soccorso, mentre le ambulanze “pubbliche”, con personale direttamente dipendente dal 118, sono diminuite». Una costante esternalizzazione che starebbe «portando a una dequalificazione del servizio – dice Sabino Venezia di Usb –. Spesso il personale “esterno” che collabora con l’Ares non ha una formazione e un grado di aggiornamento pari a quello dei dipendenti del 118, anche perché viene chiamato in maniera occasionale a prestare il servizio. Si dovrebbe aprire un percorso formativo finalizzato al loro assorbimento in Ares».

LE AMBULANZE VECCHIE – I problemi, però, non si limiterebbero soltanto alla carenza d’organico. I mezzi, secondo autisti e infermieri, sono spesso vecchi e tornano dalle officine nelle stesse condizioni in cui versavano prima dell’intervento meccanico. “Sul mio mezzo si era rotto un vetro – spiega Gianluigi -, dopo pochi giorni dalla riparazione si è ripresentato lo stesso problema”. Anche le attrezzature sulle ambulanze sarebbero in condizioni precarie. «Lavoriamo con un defibrillatore “incerottato” – spiega Guido -. I monitor non sono sottoposti a manutenzione costante e questo potrebbe rivelarsi un grave problema per i pazienti».

IL FAI DA TE – Ma non sono solo le noie meccaniche a rendere difficile la vita ad autisti e infermieri. Spesso mancano anche gli strumenti “base” per procedere a un adeguato soccorso. «Il mio mezzo era privo di un saturimetro (uno strumento necessario per misurare l’ossigenazione del sangue Ndr), l’ho comunicato all’azienda, ma dopo molti giorni senza ricevere riscontro, l’ho acquistato personalmente – spiega Giacomo -. Così come ho comprato di mia tasca la lampada per controllare il riflesso pupillare. Si tratta di strumenti indispensabili per un intervento di pronto soccorso. Nonostante non fosse mio compito acquistarli non me la sono sentita di far correre un rischio ai pazienti».


Fonte: roma.corriere.it

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