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Diabete e somministrazione di insulina

  • Come noto, l’insulina è l’ormone prodotto dal pancreas indispensabile per la regolazione del metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine. Il diabete mellito può essere causato da un deficit assoluto di secrezione insulinica, o da una ridotta risposta all’azione dell’insulina a livello degli organi bersaglio (insulino-resistenza), o dalla combinazione dei due difetti. L’iperglicemia cronica del diabete può causare disfunzione di diversi organi come gli occhi (retina), il rene, il sistema nervoso centrale, autonomo e periferico, il cuore e le arterie (complicanze a lungo termine). Le forme più comuni di diabete ricadono in tre categorie: il diabete di tipo 1 (DT1), il diabete di tipo 2 (DT2) e il diabete gestazionale. Esistono poi forme rare di diabete causate da difetti genetici che interessano l’attività dell’insulina o la capacità dell’organismo di secernerla
  • Nella pratica clinica la terapia insulinica è il principale trattamento per il diabete di tipo 1, mentre può essere usata nel diabete di tipo 2 qualora il controllo della malattia non sia adeguato o possibile con la dieta e i farmaci antidiabetici orali.
  • L’insulina è prodotta con un processo semisintetico a partire dall’insulina suina oppure con un processo biosintetico, che si avvale della trascrizione di DNA ricombinante umano, inserito in colture batteriche di Escherichia coli. Gli analoghi dell’insulina umana sono stati ottenuti modificando la sequenza aminoacidica della molecola dell’insulina con tecniche di laboratorio specifiche.
  • L’insulina è inattivata a livello gastrointestinale da alcuni enzimi, per questo non può essere assunta per os, ma deve essere iniettata: per garantire un assorbimento costante del farmaco l’iniezione deve essere fatta per via sottocutanea.
  • In genere l’insulina viene somministrata sottocute:
    - sull’addome a una distanza di almeno 2-3 centimetri dall’ombelico;
    - nel braccio tra il gomito e la spalla sul lato esterno;
    - sulle cosce nella parte anteriore o laterale;
    - nei glutei (quadrante superiore).
  • Le preparazioni in commercio sono principalmente di 3 tipi: 
    - a breve durata d’azione (insulina solubile umana e analoghi dell’insulina umana lispro e aspart);
    - a durata d’azione intermedia (insulina isofano umana NPH); 
    - a lunga durata d’azione (insulina zinco cristallina e analoghi dell’insulina umana glargine e detemir).
    I diversi tipi di insulina hanno proprietà farmacologiche diverse.
  • L’insulina a breve durata d’azione (rapida o regolare) è utilizzata nella terapia quotidiana del diabete insulino dipendente (di tipo 1) e viene assunta prima dei pasti oppure in associazione con l’insulina a durata d’azione intermedia. La differenza tra insulina solubile umana e analoghi dell’insulina consiste in una cinetica di azione più fisiologica da parte degli analoghi che, rispetto all’insulina solubile, hanno un inizio più veloce, una durata d’azione più breve, migliorano il picco iperglicemico post prandiale e riducono gli episodi di ipoglicemia tardiva.
  • L’insulina a durata d’azione intermedia (insulina isofano NPH) ha effetto dopo circa 2 ore, con un picco tra le 4 e le 8 ore e una durata d’azione tra le 14 e le 16 ore. Di solito è somministrata 2 volte al giorno.
  • Le insuline a lunga durata d’azione hanno la caratteristica di rimanere in circolo anche più di 24 ore. Tra le insuline a lunga durata d’azione ci sono:
    - l’insulina zinco cristallina;
    - gli analoghi dell’insulina umana (glargine e detemir).
    L’insulina zinco cristallina inizia l’effetto dopo 2-4 ore dalla somministrazione sottocutanea e ha un picco d’azione dopo circa 6-10 ore, esaurendosi dopo circa 16-30 ore. Queste insuline iniziano ad avere un effetto entro circa 2 ore dalla somministrazione e lo mantengono in modo quasi costante mimando la cinetica fisiologica di secrezione dell’insulina. Gli analoghi dell’insulina umana a lunga durata d’azione sono somministrati per via sottocutanea una o 2 volte al giorno e hanno il vantaggio di ridurre le escursioni in senso iper o ipoglicemico.
  • Le linee guida del National Institute for Clinical Excellence raccomandano di utilizzare l’insulina glargine nei soggetti con diabete di tipo 1 e di non somministrarla come trattamento di routine nei soggetti con diabete di tipo 2.
  • Il numero di somministrazioni e la frequenza delle iniezioni dipende da diversi fattori tra i quali:
    - il tipo di insulina somministrata;
    - il tipo di alimentazione della persona e la quantità di cibo assunto;
    - lo stile di vita della persona e in particolare se pratica attività fisica e con quale frequenza.
  • Per la corretta conservazione dell’insulina è importante attenersi sempre alle indicazioni del produttore, in genere tuttavia i contenitori di insulina (flaconi e penne) vanno conservati in frigorifero. Si raccomanda però di togliere dal frigorifero l’insulina qualche ora prima della somministrazione per ridurre il rischio di irritazione locale.
  • Una alternativa che si sta diffondendo è la terapia iniettiva insulinica sottocutanea continuativa tramitemicropompa (CSII). Il microinfusore è una micropompa che somministra l’insulina tramite un catetere di lunghezza variabile (60-100 cm), che termina con un ago-cannula inserita nel sottocute, generalmente in regione addominale. Questo dispositivo è un sistema che infonde analoghi ad azione rapida dell’insulina con due modalità contemporanee, una continua (infusione basale) e una intermittente (bolo pre prandiale). Tutte le pompe oggi disponibili possono modulare la somministrazione abbinandola al meglio con il fabbisogno insulinico nelle differenti fasi giornaliere.
  • Un’altra tecnologia, attualmente non in commercio in Italia, che è stata valutata in letteratura scientifica è l’insulina per inalazione. Sono stati individuati 9 studi che ne suggeriscono l’efficacia: essa avrebbe la stessa capacità dell’insulina solubile nel controllo del glucosio nel sangue. Il disegno degli studi e la qualità metodologica non soddisfacente non permettono, però, di trarre conclusioni definitive. Occorrono studi controllati e randomizzati su ampi numeri di pazienti. Non sono stati individuati al momento effetti avversi particolari rispetto a quelli della via di somministrazione classica sebbene non sia ancora possibile valutare gli effetti di lungo periodo dell’inalazione a livello polmonare.
  • Va segnalato che i soggetti in terapia insulinica possono andare incontro a crisi ipoglicemiche con sintomi adrenergici (tremore, pallore, sudorazione e tachicardia) quando la concentrazione del glucosio è minore di 60 mg/dl (ipoglicemia lieve); se i valori di glicemia scendono ulteriormente (40-50 mg/dl – ipoglicemia di grado moderato) si manifestano sintomi neuroglicopenici dovuti allo scarso apporto di zucchero alle cellule cerebrali (cefalea, confusione, debolezza, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, visione confusa, sonnolenza, apatia e linguaggio disarticolato). Nei casi più gravi si può avere anche perdita di coscienza, convulsioni o coma, con l’impossibilità da parte del paziente di correggere autonomamente la crisi grave in cui si trova.
  • In caso di crisi ipoglicemica il malato deve sapere come comportarsi ovvero di assumere rapidamente carboidrati a rapido assorbimento.
  • Per evitare tale complicanza è utile controllare frequentemente la glicemia, aumentare l’apporto di carboidrati anche dopo l’attività fisica e diminuire la quantità di insulina intermedia serale.
  • In genere le iniezioni sottocutanee di insulina non hanno effetti negativi locali importanti. In alcuni casi nella sede di iniezione può verificarsi una lipodistrofia: condizione caratterizzata dalla riduzione del tessuto adiposo periferico degli arti talora accompagnata da alterazioni del metabolismo lipidico. Nei bambini invece è abbastanza comune la lipoipertrofia, cioè l’accumulo nodulare di tessuto adiposo sottocutaneo: fenomeno favorito dalla scarsa rotazione delle sedi di iniezione.


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