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Competenze infermieristiche. No alla guerra tra medici e infermieri


Evidentemente non si è riuscito a far comprendere bene ai sindacati medici la proposta di Accordo sulle competenze avanzate degli infermieri. E' infatti ormai consolidato nella giurisprudenza che l'infermiere possa esercitare competenze non esclusive del medico. Per questo non  servono nuove leggi


25 NOV - Si sta sviluppando presso il Ministero della Salute, promossa dal Ministro Lorenzin e dal Sottosegretario Fadda, una nuova e discontinua modalità di promozione di relazioni sindacali e professionali con le rappresentanze del personale del Ssn in grado di dar vita ad azioni positive per una composizione unitaria ed interprofessionale dei tavoli di confronti in grado di creare un clima di rapporti e dialogo in una sanità che ormai è consolidato che sia plurale nell’espressione professionale (oltre 30 professioni sanitarie e tecniche); di questo clima di partecipazione al migliore funzionamento della Casa comune se ne ha quanto mai bisogno per la quotidiana operatività delle Aziende Sanitarie: in questa novità rientrano i tavoli con i sindacati della dirigenza e del comparto sul precariato e quello dell’area radiologica, con rappresentanze dei medici, dei fisici e dei tecnici, nei quali non si sono registrate contrapposizioni bensì l’esatto contrario.

Casa comune che come evidenzia il recente sondaggio del sociologo Ilvo Diamanti è apprezzato dalla stragrande maggioranza degli italiani che altrettanto si fidano di medici ed infermieri.

In questo clima di scelta strategica di ricomposizione unitaria è giunta la recente lettera della maggioranza dei sindacati della dirigenza del Ssn (si sono dissociati Cgil, Uil, Ugl medici e dirigenti) che arriva a conclusione di un iter di confronto nel quale quanto esposto in tale lettera non era apparso, anzi, come si evince dal verbale dell’incontro svoltosi il 28 ottobre tra Ministero, Regioni e OO.SS. della dirigenza si aveva avuto un sostanziale via libera sulla proposta di Accordo Stato-Regioni per l’implementazione delle competenze delle professioni di infermiere ed infermiere pediatrico elaborata dallo specifico Tavolo tecnico Ministero della Salute-Regioni, non avendo, seppur richiesti e sollecitati, inviato emendamenti specifici sull’articolato nei tempi concordati.

Per queste modalità e per contenuti e toni della stessa lettera, si rischia di aprire, o meglio di riaprire dopo anni di letargo, un conflitto interno al personale del Ssn tra rappresentanze sindacali della dirigenza che si arroccano su fortini e posizioni che o non esistono più o non hanno più ragione di perdurare e rappresentanze professionali e sindacali di infermieri, ostetriche, tecnici-sanitari, fisioterapisti ecc, che avendo, per volontà unanime del Parlamento, riconosciuta una nuova condizione di professioni laureate, autonome ed intellettuali al pari delle altre accettano la sfida, proposta loro da Ministero e Regioni, di implementare le competenze, anche per contribuire a qualificare e razionalizzare la spesa per il personale del Ssn.


Le avvisaglie di ciò è riscontrabile dalla reazione già espressa dalla Presidente dell’Ipasvi, sen. Silvestro, che ha definito la lettera dei sindacati medici una “dichiarazione di guerra” che viene accettata e a tal fine hanno già convocato il loro Consiglio Nazionale per il 29 p.v. per definire le loro reazioni ed azioni; altrettanto è da aspettarsi dai sindacati del Comparto sanità: è bene ricordare che il testo della proposta di Accordo come si è delineato è stato con queste rappresentanze, dopo le iniziali incomprensioni, costruito, concordato e condiviso parola, per parola e considerato da queste rappresentanze sindacali e professionali loro patrimonio e conquista; pertanto è presumibile che ne rivendicheranno, come hanno già fatto, l’approvazione nei tempi più rapidi possibili.

La prima considerazione che si trae dalla lettura della lettera è che evidentemente non si è riusciti a spiegare bene alle rappresentanze sindacali della dirigenza del Ssn le finalità e le modalità operative della stessa proposta di Accordo sull’implementazione delle competenze infermieristiche e forse sarebbe stato più opportuno coinvolgere e far partecipare in più incontri tali rappresentanze, ma questo ormai costituisce una lezione per il futuro, scelta reversibile anche per i sindacati del comparto che andrebbero coinvolti anche in questioni discusse solo con i sindacati della dirigenza… Ma ora si è data vita ad una nuova linea di relazioni sindacali che, si spera, sia la normalità, non l’eccezione.

Nel merito della lettera delle OO.SS. della dirigenza del Ssn, come ho detto, si evidenzia che non si è riuscito a far comprendere bene la proposta di Accordo sulle competenze avanzate degli infermieri in quanto si appalesa che non vi siano riscontri oggettivi nelle considerazioni e nelle critiche contenute nella lettera dei sindacati della dirigenza del Ssn: è ormai consolidato il fatto che una professione, in questo caso l’infermiere, possa esercitare, se debitamente formato ed eventualmente con protocolli concordati, competenze, non esclusive, della professione medica nella giurisprudenza e nella normativa (ne è testimonianza la funzione del triage infermieristico nei DEA, la vicenda della Ambulanza infermieristica ove la denuncia per abuso della professione medica fatta dall’Ordine dei Medici di Bologna a Direttori sanitari della Toscana è stata archiviata dal Procuratore della Repubblica di Firenze, anche in virtù del parere positivo del Ministero della Salute, parere che poi è alla base delle ragioni dello stesso Tavolo delle competenze avanzate); non si ravvisa, pertanto, la necessità di un intervento legislativo in materia.


E’ originale che un sindacato possa rifiutare il principio dell’accordo pattizio tra le parti per modificare con concertazione e condivisione l’organizzazione del lavoro, perché tale è l’introduzione delle competenze avanzate ed altrettanto originale che si neghi che l’introduzione delle stesse, proprio per il potenziale innovativo non possa esser calato da direttive centrali bensì debba esser sviluppato sia l’esigenza che le modalità attuative attraverso il processo partecipato individuato dalla proposta di accordo.

Come si può ben intendere da una lettura attenta della proposta di accordo, il terzo comma dell’articolo 3 non affida alle singole Università alcuna discrezionalità bensì le individua come istituzioni collaboranti con le Aziende Sanitarie e le Regioni per i necessari percorsi formativi post laurea, svolti dal Ssr, stabiliti dall’intesa con le rappresentanze professionali e sindacali.

Come è altrettanto chiaro che non vi sia alcuna equiparazione tra esigenze regionali e quelle professionali bensì due distinti ruoli e due distinte funzioni per un unico fine quello dell’attuazione del diritto alla salute individuale e collettiva utilizzando al meglio le risorse; così come le intese aziendali e regionali non saranno vincolo per la contrattazione nazionale bensì la stessa, come è lapalissiano, dovrà tenerne conto per innovare nella parte normativa e quando sarà possibile in quella economica in quanto il quadro di riferimento dell’ organizzazione del lavoro è in cambiamento.

Nella proposta di accordo non vi è alcuna confusione con i percorsi di specializzazione medica, tutt’altro le specializzazioni infermieristiche individuate sono a grandi aree funzionali, all’interno di ciascuna, invece, sono presenti, a fronte di un’unica specializzazione infermieristica numerose specialità mediche. La legittimazione specialistica dei master universitari è data dall’articolo 6 della legge 43/06, che ha individuato la nuova posizione di infermiere specialista alla quale si accede con uno specifico master; la proposta di accordo prevede non la spendibilità di qualsiasi master bensì l’individuazione di quali master siano necessari e riconoscibili dal Ssn e che i contenuti formativi siano concordati tra MIUR, Ministero della Salute e Regioni, proprio per dare una cornice e sostanza uniforme a livello nazionale; del resto in questa linea si è mossa l’altra proposta di accordo riguardante la professione di tecnico sanitario di radiologia medica, nella quale con il consenso di tutte le società scientifiche mediche e fisiche dell’area radiologica si sono individuate le nuove specializzazioni di questa professione.

Inoltre appare quanto mai evidente che poi un laureato infermiere, pubblico dipendente, sia anche un pubblico ufficiale e non un incaricato di pubblico servizio oltre che essere tautologico è consolidato in giurisprudenza (basti pensare, solo per esempio, che ormai la cartella infermieristica è parte integrante della cartella clinica ed assume tutti i rilievi civili e penali al pari di quella medica).

La proposta di accordo non prevede affatto l’appalto della formazione professionale del Ssn ad altra istituzione che poi sarebbe l’università, bensì l’esatto contrario ribadendo la funzione di formazione e di addestramento dello stesso Ssn del personale già laureato al fine di acquisire le necessarie nozioni teoriche e pratiche per l’esercizio delle nuove competenze avanzate e, nel rispetto della legislazione e nell’interpretazione estensiva e favorevole per il Ssn (ricordando che la norma stabilisce che la formazione universitaria dell’infermiere si svolga con il concorso attivo delle risorse, sedi e personale del Ssn e che i programmi di studio vengano concordati con il Ministero della Salute), la necessità di adeguare all’evoluzione che si sta attuando gli ordinamenti didattici dei corsi di studio universitari dell’infermiere, cioè laurea abilitante, laurea magistrale e master, per quest’ultimi decidendo, unilateralmente il Ministero della Salute e le Regioni, quelli che potranno aver validità per l’accesso ad una delle nuove posizioni di infermiere specialista che, seppure istituito per legge, per attuarsi negli organici delle aziende sanitarie avrà bisogno di normazione contrattuale.

Fatte queste considerazioni è augurabile che si sia solo realizzato un corto circuito nella corretta informazione e posto che, è sperabile, non sia nelle intenzioni dei firmatari della lettera di scatenare quella guerra di cui parla la presidente Silvestro, le posizioni dei sindacati firmatari della lettera possano esser riviste e che anzi gli stessi si facciano promotori dell’approvazione più rapida possibile della stessa proposta di accordo, ricordando che quest’innovazione ha avuto come principali ideatori settori avanzati della stessa la professione medica e che uno dei principali destinatari è proprio la valorizzazione del ruolo e del lavoro del medico ed in particolare del dirigente medico dipendente del Ssn.

Giova, infatti, ricordare che l’attuale testo dell’ Accordo, rispetto al precedente che aveva la pretesa di stabilire tutto, metodo e competenze centralmente, nella sua semplicità e democraticità è quantomeno innovativo e discontinuo, una volta si sarebbe definito rivoluzionario; infatti la proposta di Accordo definisce il metodo ed il percorso successivo: il metodo è quello per il quale la politica attraverso le scelte di programmazione sanitaria nazionale e regionale indica le aree nelle quali si voglia implementare le competenze delle professioni sanitarie e le modalità attuative (protocolli, formazione ulteriore, se necessaria, etc.) sono affidati alla scelta vincolante e vincolata dell’intesa tra le rappresentanze delle professioni interessate (nel caso specifico medici ed infermieri).

Quindi nessuna prevaricazione o attentato di lesa maestà medica, esattamente il contrario in quanto la finalità e l’origine di tale scelta è soprattutto quella di meglio organizzare, qualificare ed esaltare non solo il tempo di lavoro medico ma lo stesso ruolo del medico che da questa riorganizzazione del lavoro sanitario ritrova la sua collocazione adeguata alla sua funzione dirigenziale e di giustificazione al lungo percorso accademico di formazione specialistica.

Questa scelta di rivisitazione ed ampliamento delle competenze delle professioni sanitarie infermieristiche e degli altri profili, è stata individuata ed elaborata dalle componenti scientifiche, professionali e sindacali più avanzate della professione medica che hanno avvertito la necessità, anche sulla base di modelli consolidati in altri sistemi sanitari europei ed extraeuropei, di mettere in discussione l’organizzazione del lavoro in sanità così come si è consolidata in questi decenni approfittando di alcuni fattori nuovi:

•    Il primo è il mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese che ha bisogno di una diversa risposta professionale ed organizzativa ai bisogni sanitari e sociosanitari;
•    Il secondo è l’evoluzione ordinamentale e formativa delle professioni infermieristiche–ostetrica, tecnico-sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione tale da mettere in campo un potenziale operativo ancora poco utilizzato;
•    Il terzo è il progressivo ridimensionamento numerico della presenza attiva di medici nel nostro Ssn, anche se la percentuale rispetto alla popolazione rimane alta in confronto agli altri Stati europei;
•    Ultimo il fatto che l’attuale crisi economica del Ssn pone scelte di qualificazione e razionalizzazione della spesa delle risorse professionali ed umane.

La proposta di Accordo Stato-Regioni per l’aumento delle competenze dell’infermiere e di infermiere pediatrico è stata predisposta dallo specifico Tavolo tecnico Ministero della Salute e Regioni “per l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e l’introduzione delle specializzazioni”, Tavolo istituito presso Direzione Generale, delle Professioni Sanitarie e delle Risorse Umane del Ssn, accogliendo la proposta avanzata dalla Commissione Salute del Coordinamento delle Regioni e su autorizzazione del Ministro pro tempore, prof. Fazio, che oltre che a condividere la motivazione l’aveva fatta inserire nella stessa proposta di Psn, tra l’altro approvata dalle Regioni e dal Parlamento.

Questo Tavolo tecnico ha scelto come prima emergenza quella di adeguare le competenze delle professioni infermieristiche alla luce della ricordata evoluzione ordinamentale e formativa a quella scientifica, tecnologica e dei sopradescritti modelli organizzativi, ma successivamente si vuol affrontare le competenze delle altre professioni sanitarie.

La proposta è stata oggetto di una vasta consultazione con le rappresentanze professionali e sindacali di tutte le professioni sanitarie, nonché di un vivace dibattito interno al personale del Ssn, non solo nei convegni ma anche mediatica, nei vari blog e nel web, recependo le loro osservazioni elaborando così una proposta che vuol ridisegnare il rapporto tra professione medica e professioni infermieristiche attribuendo anche ai laureati infermieri, prevedendo, quando necessaria, una specifica formazione complementare svolta nel Ssr con il concorso delle università, nonché, in prospettiva, adeguando gli ordinamenti didattici di tutti i corsi di studio universitari in scienze infermieristiche, l’effettuazione di alcuni atti e competenze propri dei laureati in medicina e chirurgia, senza che venga meno, però, per questi ultimi la loro titolarità.

Si tratterebbe di atti e competenze che sono attribuibili agli infermieri, che se ne assumerebbero anche la diretta responsabilità non solo professionale ma anche civile e penale, per la loro formazione universitaria e per il loro attuale ordinamento professionale e che potrebbero sollevare i medici dalla effettuazione degli stessi, permettendo loro di esercitare appieno le competenze più elevate, proprie del loro lungo percorso universitario di laurea e di specializzazione e della loro funzione dirigenziale.

Lo svolgimento di una così innovativa ricomposizione delle competenze professionali prevederebbe, naturalmente, l’avvio in tempi rapidi di un processo di coinvolgimento nelle fasi di elaborazione, attuazione, monitoraggio e verifica da parte di tutti i soggetti interessati ad iniziare dalle rappresentanze professionali mediche ed infermieristiche nonché delle parti sociali al fine di costruire il massimo di partecipazione, comprensione e condivisione.

La proposta di Accordo Stato-Regioni è articolata in una Relazione che inquadra il contesto normativo, di richiamo alla programmazione sanitaria e sociosanitaria, l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro in sanità e l’estensione delle buone pratiche, avviate sperimentalmente in alcune Regioni ed l’Accordo vero e proprio che disciplina le modalità per realizzare l’implementazione delle competenze delle professioni e che rinvia ad un successiva Intesa con il Ministero dell’Università per adeguare a questi nuovi obiettivi tutti i corsi di studio universitari in infermieristica (laurea abilitante, laurea magistrale, master di primo e secondo livello) prevedendo la istituzione di un Osservatorio delle buone pratiche presso il Ministero della Salute per promuovere la conoscenza valorizzandole le esperienze in essere nelle varie Regioni.

Per la valenza strategica propria di un processo che vuol ridefinire una nuova organizzazione del lavoro sanitario e sociosanitario, la proposta affida alle Regioni ed alle Aziende/Istituzioni sanitarie il compito di promuovere la più ampia partecipazione, ricercandone l’apporto, il protagonismo attivo, il consenso e la condivisione, dei professionisti coinvolti, ad iniziare da infermieri e medici, ma non solo, partecipazione che sia in grado di dar corso a nuove e più avanzate relazioni funzionali interprofessionali in grado di accettare la sfida di costruire modelli organizzativi più adeguati ai bisogni di salute dei cittadini e alla nuova realtà formativa ed ordinamentale degli operatori; una sfida che, è auspicabile, i sindacati della dirigenza del Ssn vorranno accettare.

Saverio Proia

Fonte: Quotidiano Sanità



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