Breaking News
recent

I due pazienti guariti dall’ebola: non sono i primi

Giovedì 21 agosto l’Emory University Hospital di Atlanta, negli Stati Uniti, ha annunciato di aver dimesso Nancy Writebol e Kent Brantly, i due cooperanti internazionali che erano stati rimpatriati dall’Africa dall’inizio di agosto dopo essere rimasti infettati dall’ebola. Writebol e Brantly non sono più infetti, ha dichiarato l’ospedale, e possono tornare a casa. Brantly, missionario e medico, durante una conferenza stampa ha ringraziato i medici; Writebol, che era stata dimessa martedì, prima dell’annuncio ufficiale, ha fatto sapere di aver bisogno di riposo prima di poter parlare ai media.

Non si tratta, come alcuni hanno scritto, delle prime due persone guarite da ebola. La forma più letale del virus, ebola Zaire (ZEBOV), ha una mortalità che può arrivare fino al 90 per cento: quindi anche nel peggiore dei casi, una persona infetta su dieci sopravvive. L’attuale epidemia è una forma particolare di ZEBOV con un mortalità intorno al 50 per cento. Circa 1.200 persone sono morte dall’inizio dell’epidemia a febbraio, mentre più di 2.000 sono state contagiate. Ai due pazienti è stato somministrato un farmaco sperimentale contro l’ebola, lo ZMapp, ma come hanno specificato i medici dell’ospedale non ci sono ancora prove che abbia avuto risultati efficaci.

In teoria il farmaco potrebbe non aver prodotto alcun effetto, oppure paradossalmente potrebbe aver rallentato la guarigione: ci vorranno test e studi molti più ampi per poterne dimostrare l’efficacia. Lo ZMapp in precedenza era stato somministrato, ma senza successo, anche al terzo occidentale rimpatriato dall’Africa occidentale, un sacerdote spagnolo trasporto all’inizio di agosto all’ospedale di Madrid. Il sacerdote è morto lo scorso 11 agosto.

Secondo i medici dell’ospedale, più di ogni altra cosa Writebol e Brantly sono stati aiutati dalle cure di alto livello che i due hanno ricevuto, che miravano a mitigare i sintomi della febbre emorragica causata dal virus. Grazie ai loro equipaggiamenti, i medici dell’ospedale hanno potuto monitorare costantemente la quantità di elettroliti nel sangue dei malati e quella di fattori coagulanti. Quando questi elementi erano sotto una certa soglia, i medici sono intervenuti sostituendoli. Si tratta di tecniche che non è facile portare in Africa, poiché richiedono equipaggiamenti speciali e costosi. Si tratta di maneggiare sangue infetto, una pratica rischiosa anche in un moderno ospedale occidentale, che deve essere compiuta indossando tute speciali e adottando molte altre complicate procedure. Non solo questi equipaggiamenti non sono disponibili in Africa, ma è difficile immaginare dei medici sotto stress e oberati di lavoro a causa di un’epidemia, maneggiare con prudenza del sangue infetto.


Nessun commento:

Grazie per il tuo commento. Quotidiano Infermieri

Powered by Blogger.