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Trasferimento ex art. 42 bis L. 151/2001 e assegnazione ove lavora il coniuge

Sono un pubblico dipendente a tempo indeterminato e, visto che sono da poco diventato papà, ho fatto richiesta di trasferimento ex art. 42 bis L. 151/2001 presso varie amministrazioni pubbliche nel luogo di residenza del mio coniuge: solo un’amministrazione mi ha risposto ad oggi (nonostante siano scaduti i 30 giorni di tempo previsti), con diniego per mancata copertura finanziaria. Posso fare ricorso?

 

Come il lettore certamente sa, l’art. 42-bis d.P.R. n. 151/01 (testo unico delle disposizioni a tutela della maternità e della paternità) consente al genitore, lavoratore dipendente con un figlio di età inferiore a tre anni, di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

 

In altre parole, la legge consente ai pubblici dipendenti di accedere ad una forma di mobilità finalizzata al ricongiungimento dei genitori del bambino, di modo da render possibile una loro presenza concreta nella fase iniziale di vita del proprio figlio.

 

Il disposto della norma è il seguente: “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di

amministrazioni pubbliche …, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda”.

 

Invero, la disposizione legislativa di cui trattasi ha quale finalità primaria quella di consentire ai bambini, ove possibile ed in presenza dei requisiti dalla stessa legge indicati, di poter avere una maggiore presenza in casa del genitore lavoratore e quindi di garantire la massima unità familiare.

 

La disposizione in questione rientra tra le norme dettate a tutela dei valori inerenti la famiglia, ed in particolare la cura dei figli minori in tenerissima età con entrambi i genitori impegnati in attività lavorativa, garantiti dagli art. 29, 30, 31 e 37 Cost., i quali nel postulare i diritti-doveri dei genitori di assolvere gli obblighi loro incombenti nei confronti della prole, promuovono e valorizzano gli interventi legislativi volti – come appunto l’art. 42 bis d.lgs. n. 151 del 2001 – a rendere effettivo l’esercizio di tale attività.

 

Sulla base di quanto sopra, deve essere sottolineato che sebbene la norma non sembra attribuire al dipendente un diritto soggettivo all’assegnazione temporanea, bensì soltanto una facoltà, tuttavia l’Amministrazione Pubblica, nell’esercizio della sua discrezionalità, è assolutamente tenuta a motivare il diniego in accordo coi principi di buona fede e correttezza.

 

Ne discende che un diniego inconsistentemente pretestuosamente motivato è illegittimo; esso, pertanto, può essere disapplicato dal Giudice del Lavoro anche in via anticipatoria o d’urgenza, poiché viceversa la tutela della prole non troverebbe adeguata attuazione qualora occorresse attendere la celebrazione e la conclusione di un giudizio ordinario.

 

Per quanto riguarda l’utilizzo dello strumento del giudizio d’urgenza, si deve sottolineare che le esigenze proprie del nucleo familiare fanno ritenere che i tempi di un giudizio di merito ordinario, notoriamente lungo, possano significativamente e negativamente incidere sulla fruizione del beneficio.

 

Quindi:

 

– il diniego del beneficio deve essere motivato da parte dell’Amministrazione;

 

– l’Amministrazione ha l’onere di fornire prova della fondatezza del diniego stesso;

 

– il diniego inconsistentemente o pretestuosamente motivato, ossia un diniego carente nell’indicare quali concrete ragioni organizzative ostino a concedere la mobilità temporanea, è illegittimo;

 

– è possibile incardinare un ricorso d’urgenza contro la o le Amministrazioni pubbliche in caso di

mancata risposta o diniego illegittimo.

 

In conclusione, tutte le Amministrazioni a cui è stata rivolta l’istanza avevano l’obbligo di rispondere entro il termine previsto e, qualora il responso fosse stato negativo avevano l’obbligo di fornire prova del diniego.

 

In quest’ultima ipotesi, qualora il diniego fosse stato troppo generico o inconsistente, il diniego stesso risulterebbe comunque illegittimo.

 

In ogni caso è indiscussa, in giurisprudenza e dottrina, la tesi secondo cui la P.A. sarebbe tenuta, nella motivazione, a indicare gli specifici ed oggettivi impedimenti che ostano alla assegnazione del ricorrente, sulla scorta della attuale organizzazione dell’ufficio, con riferimento al personale occupato nell’area e qualifica del ricorrente stesso.

 

Qualora lo ritenesse, quindi, sarebbe ampiamente giustificato il ricorso d’urgenza presso il Tribunale del Lavoro competente, nei confronti di tutte le Amministrazioni che non hanno risposto ed anche nei confronti del Ministero della Giustizia (Tribunale sezione Lavoro) dato che il diniego appare un po’ troppo generico ed inconsistente.

 

Fonte: laleggepertutti.it

1 commento:

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