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Valutazione effetti del prelievo venoso periferico in pazienti con terapia anticoagulante

di Simone Benedet, Angela De Paoli, Cristina Tommasini, Giulia Ortez 

RIASSUNTO
Introduzione Nei pazienti in terapia anticoagulante il prelievo venose  periferico per le analisi delle prove dell’emostasi è associato a un alto rischio di complicanze locali come dolore, flebite e formazione di ematomi. Scopo di questo studio osservazionale pilota è valutare l’incidenza di complicanze nel sito di venipuntura e investigare le relazioni tra complicanze locali e caratteristiche dei pazienti.
Materiali e metodi Lo studio è stato condotto su un campione formato da 139 pazienti in terapia anticoagulante ricoverati presso 4 reparti dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli di Pordenone nei mesi di settembre e ottobre 2011. I prelievi per il monitoraggio dei valori di INR erano eseguiti con ago a farfalla. 
Risultati Le complicanze locali rilevate con maggiore frequenza dopo il prelievo venoso erano flebiti di I o II grado (77% dei pazienti) ed ematomi (54%). Lo sviluppo di ematomi era associato in modo statisticamente significativo all’età (p=0,008), al sesso (p<0,0001) e al valore di INR (p=0,0002). Il rischio di ematoma è risultato circa 3 volte maggiore nel gruppo di età pari o superiore a 80 anni e nel sesso femminile.
Conclusioni Queste osservazioni forniscono le basi per ulteriori studi che prevedono l’esame di un numero più ampio di pazienti in contesti diversi e il confronto di differenti procedure, mirati soprattutto all’individuazione dei metodi più appropriati per limitare gli effetti negativi dei prelievi nei pazienti a più alto rischio di complicanze.
Parole chiave:
 venipuntura, complicanze locali, ematoma, terapia anticoagulante, esami ematochimici, INR


Assessment of the effects of peripheral venipuncture in hospitalized patients on anticoagulant therapy: an observational study

ABSTRACT
Introduction In patients on anticoagulation therapy, venous blood collection for laboratory testing is associated with a high risk of local complications such as pain, phlebitis and hematoma. The aim of this observational pilot study is to assess the incidence of complications at the venipuncture site and to investigate the relationship between local complications and patients’ characteristics.
Materials and methods The study was conducted on a sample of 139 patients on anticoagulation therapy, admitted to 4 different units of the Santa Maria degli Angeli Hospital of Pordenone during the months of September and October 2011. Blood samples for INR monitoring were obtained by peripheral venipuncture using a butterfly needle.
Results The most frequent local complications of venipuncture were first or second degree phlebitis (77% of patients) and hematoma (54%). The risk of hematoma was significantly associated with age (p=0.008), sex (p<0.0001) and INR value (p=0.0002), and was about 3 times higher in females and patients 80 years of age or older.
Conclusions These findings provide a foundation for further studies that will involve the analysis of more patients in various settings and the comparison of different procedures, especially aimed at identifying the most appropriate methods to decrease the adverse effects of venipunctureon patients with higher risk of complications.
Key words: venipuncture, local complications, hematoma, anticoagulation therapy, blood testing, INR

 

INTRODUZIONE
I test coagulativi sono un momento essenziale per lo screening, la diagnosi, la terapia e il monitoraggio dei disturbi dell’emostasi, sul versante emorragico come su quello trombotico. La scelta di procedure ottimali per il prelievo di sangue venoso è indispensabile sia per la correttezza della raccolta del campione, sia per la prevenzione del rischio di complicanze locali (Lowe et al., 2008; Zengin, Enç, 2008). Per ottenere un buon campione ematico e ridurre lo sviluppo di complicanze sono importanti fattori preanalitici quali l’identificazione del paziente, la localizzazione di un accesso venoso idoneo, l’applicazione del laccio, la scelta del dispositivo più efficace e del diametro dell’ago (Lippi et al., 2006).

La procedura raccomandata per il prelievo venoso periferico prevede l’uso di aghi retti tradizionali, ma nel nostro contesto regionale (Friuli-Venezia Giulia) è diffuso l’impiego dei dispositivi a farfalla, che se non utilizzati in maniera appropriata influiscono anche sui risultati di laboratorio (Blann et al., 2003, Matchar et al., 2010); le controindicazioni pratiche che ne dovrebbero scoraggiare l’uso includono il costo superiore a quello dei dispositivi convenzionali, la maggiore probabilità di generare campioni non adeguati e la possibilità non remota di un’attivazione dell’emostasi primaria e secondaria durante il transito del sangue nel segmento di tubo che congiunge l’ago e la provetta (Lippi et al., 2009).

I possibili effetti avversi locali del trattamento con farmaci anticoagulanti comprendono eventi emorragici non gravi, come epistassi saltuarie, e la formazione di ematomi di dimensioni variabili in seguito a piccoli traumi, tra cui prelievi e/o iniezioni, che in condizioni di coagulazione normale non avrebbero simili conseguenze (Keeling et al., 2011; Torn et al., 2005). Nei pazienti in terapia con questi farmaci i prelievi effettuati per la misurazione dei valori di INR sono associati a un rischio maggiore di complicanze in sede di venipuntura quali dolore, sanguinamento, flebite, ematoma o lesioni di altra natura, che oltre a provocare disagio possono diventare un segno di scompenso coagulativo evidenziando il rischio di complicanze più importanti (dos Reis et al., 2009; RNAO, 2008). Con questo studio osservazionale pilota ci siamo proposti di valutare la frequenza di complicanze locali dopo prelievo venoso periferico in un gruppo di pazienti ospedalizzati in trattamento anticoagulante, investigando anche le relazioni fra tali complicanze e le caratteristiche fondamentali dei pazienti (età, sesso e valori di INR).

MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto su un campione di convenienza formato da 139 pazienti in trattamento con farmaci anticoagulanti per via orale, sottocutanea o endovenosa che erano stati ricoverati dal primo settembre al 30 ottobre 2011 presso 4 unità operative (Cardiologia, Medicina d’Urgenza, Medicina II e Medicina III) dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Per ogni paziente sono state registrate variabili qualitative e quantitative che includevano profilo demografico, terapia anticoagulante in atto, data del ricovero, diagnosi di ingresso, data e sede dei prelievi, tempo di protrombina e INR.

Per tutti i pazienti arruolati nello studio i campioni ematici per il controllo dei valori di INR erano ottenuti mediante venipuntura con aghi a farfalla 21G; sono stati esclusi i pazienti sottoposti a procedure di prelievo diverse (ago cannula, catetere venoso centrale, catetere arterioso).

Le complicanze locali a breve termine della venipuntura venivano rilevate entro un’ora dal prelievo; l’intensità del dolore percepito è stata misurata con una scala numerica (Flaherty, 2008), mentre per la valutazione delle flebiti è stata utilizzata la Phlebitis Grading Scale (Johnston, 2006). Le osservazioni effettuate venivano riportate in una scheda giornaliera dei pazienti reclutati in ciascuna unità operativa.

I dati, sia quelli relativi alle complicanze sia quelli tratti dalla documentazione clinica, sono stati raccolti con l’autorizzazione della Direzione Sanitaria e il consenso informato dei pazienti, nel rispetto della riservatezza e in ottemperanza alla normativa sulla privacy (Decreto legislativo 196/2003).

Le procedure seguite sono state la predisposizione preliminare di un foglio di codifica, l’assegnazione di un codice identificativo per ogni variabile e l’addestramento dei rilevatori sia per l’esame obiettivo sia per l’inserimento dei dati, che sono stati poi elaborati utilizzando il programma Microsoft Excel 2007.

Le differenze tra i gruppi sono state analizzate usando il test del c2, considerando significativi valori di p inferiori a 0,05.

RISULTATI
Il campione era costituito da 63 maschi (45,3%) e 76 femmine (54,7%) di età compresa tra 47 e 92 anni; l’età media era pari a 78 anni (Tabella 1).

Tabella 1. Sesso ed età dei partecipanti

La classificazione delle diagnosi di ingresso principali era correlata a patologie respiratorie (dispnea, polmonite) per 66 pazienti (47,5%), cardiopatia per 51 (36,7%), febbre per 12 (8,6%), malattie dismetaboliche per 4 (2,9%), astenia per 3 (2,2%), epatopatia per 2 (1,4%) e in un caso a trauma (0,7%). Il farmaco anticoagulante più utilizzato era il warfarin, assunto al dosaggio di 5 mg al giorno da 94 pazienti (67,6%); 40 pazienti erano in trattamento con acenocumarolo alle dosi di 1 mg (25 pazienti, 18%) o 4 mg al giorno (15 pazienti, 10,8%), mentre enoxaparina sodica per via sottocutanea ed eparina sodica per via endovenosa erano state somministrate rispettivamente a 3 (2,2%) e a 2 pazienti (1,4%).

Tabella 2. Frequenza delle complicanze locali

Come riporta la Tabella 2, la complicanza locale che si è rilevata con maggiore frequenza in seguito a prelievo venoso era una flebite di I o II grado, riscontrata in 107 casi (77%). In 75 casi (54%) si è osservata la formazione di ematomi, di dimensioni inferiori a 6 cm2 per 57 pazienti (41%), comprese tra 6 e 11 cm2 per 9 (6,5%) e superiori a 11 cm2in 9 casi (6,5%). Soltanto 9 pazienti avevano riferito dolore. Non si sono riscontrate emorragie o lesioni cutanee a livello del sito di venipuntura.

Sono state quindi esaminate le possibili relazioni tra lo sviluppo di flebiti ed ematomi e caratteristiche specifiche dei pazienti come età, sesso e INR. Per l’insorgenza di flebite non si sono rilevate associazioni statisticamente significative. Al contrario la comparsa di ematomi era associata in modo significativo con l’età (p=0,008), il sesso (p<0,0001) e i valori di INR (p=0,0002) dei pazienti (Tabella 3).

Tabella 3. Fattori di rischio per lo sviluppo di ematoma

In particolare, il rischio di ematoma è risultato circa 3 volte maggiore nel sesso femminile (odds ratio 3,32, IC 95% 1,65-6,66) e nella fascia di età uguale o superiore a 80 anni (odds ratio 3,84, IC 95% 1,50-9,77), rispetto al gruppo di età ≤70 anni; in confronto con questo gruppo, per i pazienti di 71-79 anni l’odds ratio era pari a 1,71 (IC 95% 0,61-4,74). Rispetto a valori di INR minori di 2, valori compresi fra 2 e 3 erano associati a un rischio di ematoma inferiore (odds ratio 0,08, IC 95% 0,02-0,32; per INR >3 odds ratio 0,67, IC 95% 0,26-1,69).

Per 37 pazienti (esclusi dall’analisi) i valori di INR non erano disponibili nella documentazione clinica al momento della rilevazione; per gli altri si è registrato un ampio spettro di valori, da un minimo di 1,13 a un massimo di 6,54.Per tutti i partecipanti allo studio il range terapeutico raccomandato era fra 2 e 3, ma in base ai dati raccolti si è osservato che solo 27avevano valori di INR che rientravano in questo intervallo.

Ulteriori informazioni emerse riguardano il numero di tentativi per effettuare il prelievo dei campioni ematici: la procedura era stata eseguita con successo al primo tentativo per 129 pazienti (92,8%) e al secondo o al terzo rispettivamente in 8 (5,8%) e in 2 casi (1,4%). L’esperienza lavorativa media degli infermieri che avevano effettuato i prelievi era pari a 14 anni (da 3 a 31) di lavoro complessivi, quindi infermieri esperti secondo i livelli di competenza (Benner, 1982).

DISCUSSIONE
Questo studio osservazionale ci ha permesso di descrivere le caratteristiche principali dei pazienti in terapia anticoagulante presi in esame e di valutare l’entità del fenomeno delle complicanze locali conseguenti al prelievo venoso periferico rilevandone la frequenza e la distribuzione. L’analisi delle associazioni tra caratteristiche come età, sesso e INR e l’insorgenza di complicanze ha inoltre evidenziato che nella popolazione considerata il sesso femminile e l’età superiore ai 79 anni costituivano un fattore di rischio per la formazione di ematomi.

Per quanto riguarda la variabile INR, l’analisi ha confermato i dati riportati in letteratura che indicano come anche in pazienti con valori di INR minori di 2 si possano sviluppare complicanze quali l’ematoma, che suggeriscono la necessità di sorveglianza e approfondimenti diagnostici ulteriori anche nel caso di un intervallo di INR fisiologico (Schulman et al., 2008; Woods et al., 2004). Valori di INR compresi fra 2 e 3 sono risultati associati a un rischio di ematomi inferiore.

Nelle unità operative dove si sono svolte le rilevazioni per i prelievi venivano utilizzati esclusivamente aghi a farfalla 21G, malgrado le linee guida nazionali e internazionali raccomandino l’impiego di aghi tradizionali retti per questo tipo di esami ematochimici e gruppo di pazienti, anche per una questione di costi aggiuntivi (Lippi et al., 2008; Oake et al., 2008). Non è quindi stato possibile valutare la comparsa di complicanze confrontando procedure effettuate con i due dispositivi.

CONCLUSIONI
Anche se i dati raccolti si riferiscono a un campione di convenienza non randomizzato, i risultati ottenuti, per quanto non generalizzabili, forniscono indicazioni importanti per indirizzare future ricerche. Le osservazioni condotte nel corso dello studio dovranno essere ampliate esaminando un numero più alto di pazienti in contesti diversi, paragonando l’impiego di presidi differenti (specialmente ago retto versus ago a farfalla) e concentrando l’attenzione sui gruppi particolarmente a rischio.

Una valutazione più completa degli effetti negativi del prelievo venoso periferico, unita a indagini sul livello di consapevolezza rispetto a tali effetti e sul coinvolgimento del paziente in termini di aderenza alla terapia anticoagulante, potrà permettere la formulazione di protocolli in grado di supportare il personale infermieristico nella corretta esecuzione delle procedure e nella scelta degli strumenti più idonei al fine di ridurre lo sviluppo di complicanze; soprattutto nei pazienti anziani con comorbilità e sottoposti a frequenti controlli ematochimici. La conoscenza dei fattori di rischio consente di personalizzare l’assistenza infermieristica con l’obiettivo di prevenire le complicanze; la diffusione e la conoscenza delle raccomandazioni consentono di adottare le buone pratiche professionali.

Emergono infine alcune considerazioni riguardo al tipo di dispositivi utilizzabili per il monitoraggio dei parametri emocoagulativi in vista di un trattamento a lungo termine con anticoagulanti orali (Cairns et al., 2011). Come già avviene in alcune realtà, si potrebbe usare il metodo del prelievo capillare con coagulometro portatile digitale: metodo che a fronte di una spesa iniziale cospicua porterebbe vantaggi sia dal punto di vista della tempistica necessaria per le analisi (risultato immediato), sia del comfort del paziente, con una riduzione del dolore e delle complicanze da venipuntura, fino a una possibile autogestione domiciliare del test (Matchar et al., 2010).  

BIBLIOGRAFIA

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Fonte: ipasvi.it


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